Ecco la lettera che abbiamo scritto a sei mani: Pietro Tatarella, Mattia Calise ed io.
Pubblicata sul Corriere della Sera sabato 10 ottobre 2012 (qui).
Abbiamo meno di trent’anni e facciamo riferimento a tre schieramenti politici diversi, ma non ne facciamo né una questione generazionale né una questione di differenze politiche. Siamo semplicemente innamorati della politica, e vogliamo fare di tutto per lavorare di più e meglio per la nostra città. Già in un dibattito estivo che ci ha visto protagonisti, era emerso un comune disagio riguardo al funzionamento del consiglio comunale, alle energie gettate al vento, alla fatica di incidere davvero nei processi decisionali. Sappiamo che non è solo un problema di regole, ma sappiamo anche che il nostro regolamento ha degli aspetti da riformare radicalmente, perché non sono più al passo coi tempi e con la necessità di coinvolgere sempre di più la città. La verità è che oggi il mondo comunica con 140 caratteri, e il consiglio comunale di Milano sembra essersi fermato alla preistoria. È il gioco delle parti tra chi governa e chi deve opporsi, si dirà. Ma è un gioco che spesso non permette di discutere nel merito delle questioni e riduce tutto a una prova muscolare disumana e senza senso. Con la città, fuori, che si aspetta un'amministrazione efficiente e moderna, ma si ritrova testimone avvilita di uno spettacolo umiliante e persino diseducativo. Calvino direbbe "accettare l'inferno e diventarne parte al punto di non vederlo più": ecco, noi siamo convinti che il cambiamento possa arrivare dal lavoro trasversale di tutti coloro che credono che un modo diverso di lavorare per la propria città esista.
Efficientamento e migliore programmazione dei lavori dell’aula, rispetto dei tempi e delle persone, revisione del ruolo delle commissioni, digitalizzazione degli atti. Sono solo alcuni degli obiettivi che vorremo discutere al più presto, non appena la commissione affari istituzionali vorrà dare inizio a questo percorso. Se è questione di volontà, noi ci siamo. La città, indipendentemente da chi la governa e chi la governerà, si merita molto di meglio.
Mattia Calise (M5S)
Emanuele Lazzarini (PD)
Pietro Tatarella (PDL)
lunedì 12 novembre 2012
venerdì 19 ottobre 2012
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domenica 14 ottobre 2012
Piazza Fabio Chiesa, per sempre
L'intitolazione di Piazzale Fabio Chiesa, ieri pomeriggio, è stato uno dei momenti più emozionanti di questo anno di consigliatura. Una di quelle (pochissime) volte in cui ti rendi conto che l'istituzione e la città possono diventare una cosa sola, lavorando fianco a fianco, stessi desideri, stessi ostacoli, stesse gioie, stesse emozioni.
Non ho mai avuto la fortuna di conoscere Fabio. Quello che oggi so di lui viene dai racconti dei suoi amici e dagli occhi splendenti dei suoi compagni di strada.
Una cosa, tra tutte, credo di avere capito: che Fabio rappresenta esattamente la città che sogniamo, quella per cui lavoriamo, nel nostro piccolo, tutti i giorni. Fabio era un uomo normale e straordinario insieme, un artista e un sognatore, uno che si entusiasmava e costruiva, uno che ha lasciato in molti, anche dopo la sua scomparsa, il seme della gioia per le cose belle, seme che germoglia e cresce giorno dopo giorno sul palcoscenico del teatro Ringhiera, sulla sua piazza colorata e in tutto il quartiere di cui il teatro è diventato cuore pulsante e luogo di speranza.
E allora quella targa non ricorda solo Fabio, ma la sua idea di città e di vita, che poi è la nostra. Quella targa resterà lì per sempre, a ricordarci tutto questo. Come Calvino che ci invita a "far durare" le cose che in mezzo all'inferno, non sono inferno. Ecco, proprio così.
Non ho mai avuto la fortuna di conoscere Fabio. Quello che oggi so di lui viene dai racconti dei suoi amici e dagli occhi splendenti dei suoi compagni di strada.
Una cosa, tra tutte, credo di avere capito: che Fabio rappresenta esattamente la città che sogniamo, quella per cui lavoriamo, nel nostro piccolo, tutti i giorni. Fabio era un uomo normale e straordinario insieme, un artista e un sognatore, uno che si entusiasmava e costruiva, uno che ha lasciato in molti, anche dopo la sua scomparsa, il seme della gioia per le cose belle, seme che germoglia e cresce giorno dopo giorno sul palcoscenico del teatro Ringhiera, sulla sua piazza colorata e in tutto il quartiere di cui il teatro è diventato cuore pulsante e luogo di speranza.
E allora quella targa non ricorda solo Fabio, ma la sua idea di città e di vita, che poi è la nostra. Quella targa resterà lì per sempre, a ricordarci tutto questo. Come Calvino che ci invita a "far durare" le cose che in mezzo all'inferno, non sono inferno. Ecco, proprio così.
venerdì 21 settembre 2012
Vivibilità urbana: dai giovedì di Milano alla California - parte 2/2
[...]
E così sono arrivato in California, dicevo. In un posto che si chiama Long Beach, un postaccio tutto mare e cemento, da cui mai ti aspetteresti di poter prendere esempio.
E invece no.
L'hanno raccontato in tanti (tra cui, meglio di tutti, Tanya Synders su dc.streetsblog.org), e l'hanno raccontato anche molto meglio di come lo farò io qui.
Ma la sostanza è questa: per vincere la sfida della vivibilità urbana, per superare le difficoltà politiche, per mettere assieme le ragioni dei ciclisti e dei commercianti... basta fare due conti e la soluzione verrà da sè.
Che significa?
Significa che i pedoni e le biciclette, al contrario di quello che pensano in molti, possono portare grandissimi affari.
Dunque, la ragione principale per la quale i commercianti sono soliti opporsi alle infrastrutture per la mobilità ciclabile è che sono preoccupati che questo possa limitare la possibilità di parcheggio per le auto. Quando realizzano che nello spazio di un singolo posto auto ci possono stare 12 stalli per le biciclette... a volte cominciano a cambiare idea. Ma ancora meglio, cominciano a scoprire che i ciclisti possono diventare i loro migliori clienti.
"Andare in bici, proprio come camminare, aiuta a rendere una strada più interessante", sostiene Economides. "Aggiunge occhi e orecchie alla strada, e la rende più sicura." E se le strade sono sicure, sono più piene, e i commercianti sono contenti. Molto semplicemente.
Come se non bastasse, i benefici che derivano dalle politiche per la mobilità dolce non si fermano agli stimoli per il commercio locale. "Le proprietà che si trovano in aree pedonali o vicino a piste ciclabili valgono l'11% in più", afferma ancora Economides.
Insomma, la strada sembra tracciata.
Certo, gli attriti e le visioni partigiane, spesso accentuate dalle facili strumentalizzazioni politiche, non si cambiano dall'oggi al domani. E oggi, a Milano, siamo ancora nella fase in cui le iniziative per la mobilità dolce e sostenibile sono vissute all'interno di uno scontro troppo ideologico e irrazionale.
Quello che conta è avere le idee chiare, non farsi intimorire dai primi ostacoli, e liberare tutta la fantasia. Sarà anche la creatività a rendere più dolce e indolore il processo di transizione verso una città più vivibile per tutti quanti.
E così sono arrivato in California, dicevo. In un posto che si chiama Long Beach, un postaccio tutto mare e cemento, da cui mai ti aspetteresti di poter prendere esempio.
E invece no.
L'hanno raccontato in tanti (tra cui, meglio di tutti, Tanya Synders su dc.streetsblog.org), e l'hanno raccontato anche molto meglio di come lo farò io qui.
Ma la sostanza è questa: per vincere la sfida della vivibilità urbana, per superare le difficoltà politiche, per mettere assieme le ragioni dei ciclisti e dei commercianti... basta fare due conti e la soluzione verrà da sè.
Che significa?
Significa che i pedoni e le biciclette, al contrario di quello che pensano in molti, possono portare grandissimi affari.
Dunque, la ragione principale per la quale i commercianti sono soliti opporsi alle infrastrutture per la mobilità ciclabile è che sono preoccupati che questo possa limitare la possibilità di parcheggio per le auto. Quando realizzano che nello spazio di un singolo posto auto ci possono stare 12 stalli per le biciclette... a volte cominciano a cambiare idea. Ma ancora meglio, cominciano a scoprire che i ciclisti possono diventare i loro migliori clienti.
Secondo April Economides, una consulente che ha aiutato proprio la città di Long Beach a costruire i "bycicle friendly business districts", "tendiamo sempre più a fare acquisti più vicino a casa e sempre più spesso. E invece che saltare in macchina per scappare nei grandi centri commerciali di periferia, i ciclisti sostengono il piccolo commercio nei nostri quartieri".
Il concetto di "slow" ha un valore monetario non trascurabile. I ciclisti viaggiano a una velocità più "umana", e questo permette loro di fermarsi molto più spesso a comprare qualcosa. Inoltre, come sottolinea Economides, "senza la macchina, si ha a disposizione un extra budget di almeno 6mila dollari ogni anno, che altrimenti sarebbero spesi in benzina e manutenzione".
Non solo: secondo una ricerca di Intelligent Communities, solamente il 16% delle spese dei possessori di auto alimenta l'economia locale.I quattro distretti commerciali bike-friendly di Long Beach hanno permesso di costruire un modello che definisce i migliori strumenti per incoraggiare la mobilità ciclabile senza intervenire sulle infrastrutture. I commercianti locali considerano l'accesso delle bici come una vera fortuna per gli affari. Hanno costruito un programma informale di bike-sharing, e hanno messo in piedi il più grande programma nazionale di sconti specifi per i clienti che arrivano in bicicletta. Il programma, dunque, ha portato alla comunità una serie di benefici economici e non economici.
Due dei quattro distretti non avevano sufficienti infrastrutture per la ciclabilità, ma ora c'è molta più domanda, anche dagli stessi commercianti che erano sempre stati avversi.
Due dei quattro distretti non avevano sufficienti infrastrutture per la ciclabilità, ma ora c'è molta più domanda, anche dagli stessi commercianti che erano sempre stati avversi.
Gli "open Streets", eventi in cui si chiudono le strade al traffico motorizzato perchè diventino dominio di pedoni, biciclette, skaters, rollerbladers, acrobati, sono un altro modo per aumentare il giro di affari del commercio locale. L'Università di Washington a St. Louis è stata capace di quantificare i benefici economici di questa iniziativa: il 73 percento dei partecipanti ha mangiato al ristorante o acquistato cibo sulla strada, e il 68 percento si è accorto della presenza di un negozio di cui ignorava l'esistenza.
Più o meno lo stesso di quanto avviene con altre semplici iniziative come i park(ing) day (tra poco anche a Milano!), in cui le persone creano parchi temporanei nelle aree parcheggio, i parklets, micro-parchi urbani ricavati da posti auto sottoutilizzati, o i pop-up cafés, spazi pubblici e liberi attrezzati con tavoli e sedie, che sostituiscono uno o due posti auto sulla strada, in cui tutti sono liberi di sedersi, per la felicità dei negozianti che godono gratis dei benefici."Andare in bici, proprio come camminare, aiuta a rendere una strada più interessante", sostiene Economides. "Aggiunge occhi e orecchie alla strada, e la rende più sicura." E se le strade sono sicure, sono più piene, e i commercianti sono contenti. Molto semplicemente.
Come se non bastasse, i benefici che derivano dalle politiche per la mobilità dolce non si fermano agli stimoli per il commercio locale. "Le proprietà che si trovano in aree pedonali o vicino a piste ciclabili valgono l'11% in più", afferma ancora Economides.
Insomma, la strada sembra tracciata.
Certo, gli attriti e le visioni partigiane, spesso accentuate dalle facili strumentalizzazioni politiche, non si cambiano dall'oggi al domani. E oggi, a Milano, siamo ancora nella fase in cui le iniziative per la mobilità dolce e sostenibile sono vissute all'interno di uno scontro troppo ideologico e irrazionale.
Quello che conta è avere le idee chiare, non farsi intimorire dai primi ostacoli, e liberare tutta la fantasia. Sarà anche la creatività a rendere più dolce e indolore il processo di transizione verso una città più vivibile per tutti quanti.
Vivibilità urbana: dai giovedì di Milano alla California - parte 1/2
Ci ho provato, me l'hanno rispiegato due, tre, quattro volte, ma ho continuato a non capire.
I giovedì di Milano sono una piccola macchia scura su una candida scelta, quella dell'area C, che continuo a ritenere preziosa, vincente, avvincente.
Nati da una proposta di Confcommercio, dovevano essere i giovedì della grande Milano che vive, la metropoli che si incontra, che cammina, che si riscopre aperta, la città che ama la strada, che ha fame di cultura, che compra. Rimandati per mesi e mesi, dovevano essere orchestrati da una regia pubblica, in grado di mettere assieme tutti i pezzi dell'offerta cultural-commerciale della città, rendendo vivi i quartieri fino a tarda sera.
Ieri, la partenza.
Ma le vetrine sono rimaste spente, le saracinesche abbassate, i teatri aperti o chiusi come al solito, i cinema con il normale andirivieni di coppiette e di compagnie. Niente di nuovo.
Anzi, no. Le strade. Quelle invece sì che erano vive. Vivissime e rumorosissime delle quasi diecimila auto in più che si sono riversate nelle strade del centro tra le 18 e le 19.30.
E poi ci si guarda attorno. Lontano, in Europa, oltre. Per ricercare i lumi della ragione, i segni della saggezza politica, la traccia delle migliori esperienze amministrative da cui possiamo trarre qualche insegnamento per il nostro presente milanese.
Insomma, dopo tutti i passi avanti che abbiamo fatto, dopo tutte le scelte coraggiose, dopo aver finalmente posto le basi per una rivoluzione della sostenibilità e della vivibilità... possibile che dobbiamo aprire il centro alle macchine per rendere viva questa città?
Ed è così che sono arrivato in California. Per la verità forse c'entra poco ma non so, secondo me in fondo in fondo sta tutto assieme. Il posto si chiama Long Beach. Uno di quei postacci tutto mare e cemento, da cui mai ti aspetteresti di poter prendere esempio.
E invece no.
[continua...]
giovedì 13 settembre 2012
Aspettando Area C
Il 17 settembre ritornerà.
Finalmente, dico. Anche perchè i dati hanno dimostrato chiaramente che la sperimentazione di Area C ha funzionato, centrando tutti gli obiettivi che ci si era prefissati.
Soprattutto, arrivando dove Ecopass si era fermato: riducendo cioè l'utilizzo spopositato (in relazione alle alternative di trasporto pubblico) dell'automobile da parte dei residenti del centro.
Aspettando il ritorno, dunque, ecco qualche numero per fare ulteriore chiarezza. Ci aiuta Andrea Boitani, che ha pubblicato questo articolo su lavoce.info il 10 settembre.
Finalmente, dico. Anche perchè i dati hanno dimostrato chiaramente che la sperimentazione di Area C ha funzionato, centrando tutti gli obiettivi che ci si era prefissati.
Soprattutto, arrivando dove Ecopass si era fermato: riducendo cioè l'utilizzo spopositato (in relazione alle alternative di trasporto pubblico) dell'automobile da parte dei residenti del centro.
Aspettando il ritorno, dunque, ecco qualche numero per fare ulteriore chiarezza. Ci aiuta Andrea Boitani, che ha pubblicato questo articolo su lavoce.info il 10 settembre.
AREA C, UN SUCCESSO. E PUÒ RINASCERE
Sospesa da una discussa ordinanza del Consiglio di Stato, torna la congestion charge milanese. Intanto, i dati mostrano chiaramente che Area C è stata un successo. Ha ridotto gli ingressi in città del 34 per cento. La minor congestione ha contribuito al calo delle emissioni di tutti i principali inquinanti locali. La velocità dei mezzi pubblici di superficie è aumentata del 6 per cento e gli incidenti sono scesi del 28 per cento. Paradossalmente, proprio la sospensione estiva ha fatto piazza pulita della tesi che la riduzione del traffico fosse dovuta alla crisi economica.
Non tutte le ordinanze del Consiglio di Stato vengono per nuocere. O meglio, anche se danni ne fanno, e parecchi, riescono a far emergere informazioni interessanti per i policy makers e per gli appassionati del genere (senza che i togati consiglieri se ne avvedano). Ecco la storia.
L'ORDINANZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Il 25 luglio scorso, una sezione del Consiglio di Stato presieduta da Luciano Barra Caracciolo, emanava l’ordinanza 2898 con cui sospendeva l’esperimento milanese di regolazione del traffico cittadino, noto come “Area C”. Lo sconcerto e lo stupore per la carenza di motivazione dell’ordinanza (ma alcuni giuristi mi dicono che è normale nell’accoglimento delle “istanze cautelari”) hanno lasciato spazio a scientifica soddisfazione quando alcuni dati circa gli effetti della sospensione sono stati resi noti. Questi dati, infatti, consentono di confutare una tesi che i detrattori di Area C hanno spesso esposto con baldanza, anche se privi del conforto dei numeri. La tesi, in sintesi, è che la riduzione del traffico registrata a Milano in Area C dall’inizio dell’esperimento è dovuta principalmente alla crisi economica e all’esosità fiscale del governo Monti, che hanno reso tutti un po’ (o molto) più poveri e hanno ridotto la circolazione dei veicoli in tutta Italia. I dati raccolti dall’Agenzia mobilità ambiente e territorio di Milano (www.amat-mi.it/documenti/monitoraggio-area-c/, che rilevano gli ingressi ora per ora in Area C, ci dicono che il contributo della crisi economica alla riduzione del traffico è ridotto e che, invece, l’effetto di area C è stato notevole.
I NUMERI PRIMA, DURANTE E DOPO AREA C
Ma andiamo con ordine e diamo prima una rapida occhiata ai risultati ottenuti a fine giugno dal provvedimento invocato dal 79 per cento dei votanti milanesi (il 49 per cento degli aventi diritto) nel referendum del 13 giugno 2011, deliberato dalla giunta Pisapia il 4 novembre 2011 ed entrato in vigore il 16 gennaio di quest’anno.
In questo periodo, dunque, gli ingressi nell’Area C si erano ridotti in media del 34 per cento rispetto a quelli verificatisi nel 2011, quando sulla stessa area (quella compresa nella cosiddetta cerchia dei Bastioni) era già attivo l’“ecopass” istituito dalla giunta Moratti. L’obiettivo fissato dall'amministrazione comunale era una riduzione degli ingressi compresa tra il 23 e il 28 per cento. Si può dire, quindi, che l’obiettivo fosse stato abbondantemente raggiunto e, anzi, superato. Nella più ampia area milanese, nel periodo gennaio-maggio 2012, si era registrata una riduzione media del traffico rispetto allo stesso periodo del 2011 pari al 6,9 per cento, che sale al 7,6 per cento se si guarda alla fascia oraria (7,30-19,30) in cui l’ingresso all’Area C è sottoposta a pedaggio (5 euro, ridotti a 2 per i residenti, oltre i primi 40 ingressi gratuiti).
La velocità commerciale dei mezzi pubblici di superficie era aumentata del 6 per cento e gli incidenti si erano ridotti del 28 per cento.
La minor congestione aveva contribuito al calo delle emissioni di tutti i principali inquinanti locali: Pm10 totale (-22 per cento), ammoniaca (-15 per cento), ossidi di azoto (-20 per cento), anidride carbonica (-22 per cento) e le concentrazioni di Black Carbon risultavano significativamente più basse che nella fase precedente l’avvio del provvedimento (fino a -40 per cento).
Area C dunque era risultato un successo, migliorando quanto già ottenuto da ecopass, vale a dire una riduzione media del traffico nell’area del 16 per cento rispetto alla situazione precedente in cui si entrava senza alcuna limitazione. Rispetto alla situazione “liberi tutti”, con Area C gli ingressi sono diminuiti del 45 per cento. Particolarmente significativo è che Area C sia riuscita a ridurre fortemente gli ingressi sistematici (dove invece l’ecopass non era riuscito): oltre il 44 per cento degli ingressi in Area C sono stati “occasionali”, cioè di veicoli entrati un solo giorno su 113 e il 75 per cento dei veicoli sono entrati per non più di cinque giorni. Solo il 3 per cento dei veicoli è entrato per almeno il 50 per cento dei giorni. L’impatto sui residenti - stando ai numeri forniti da Amat - sembrerebbe meno devastante di quanto paventato dalle loro associazioni: oltre l’8 per cento dei residenti in Area C non aveva effettuato alcun ingresso in 113 giorni, mentre solo il 19 per cento aveva esaurito i 40 ingressi gratuiti e (mantenendo la stessa media di ingressi) avrebbe dovuto spendere mediamente circa 80 euro nel secondo semestre. Il che, considerando che l’Area C è abitata dai cittadini a reddito più elevato e che è la meglio servita dai mezzi pubblici (notoriamente molto sussidiati) può essere considerato un esito abbastanza equilibrato sotto il profilo distributivo.
Poi è arrivata l’ordinanza deliberata dal Consiglio di Stato nella canicola di fine luglio. Già nel primo giorno di sospensione gli ingressi erano aumentati del 26,4 per cento. Analizzando però i primi cinque giorni dopo l’ordinanza e confrontandoli con gli ultimi cinque di attivazione di Area C, si è riscontrato un aumento degli ingressi pari al 52 per cento, con crescita delle emissioni di tutti gli inquinanti: +42 per cento l’ammoniaca; +16 per cento l’anidride carbonica; il Pm10 allo scarico è aumentato del 5 per cento, il Pm10 totale del 9 per cento e gli ossidi totali di azoto del 10 per cento. Negli ultimi cinque giorni di luglio, dunque, il traffico risultava di circa un punto superiore a quello registrato in media quando vigeva ecopass. Considerato che il regime successivo all’ordinanza del Consiglio di Stato equivale a un “liberi tutti”, come prima dell’adozione di ecopass nel 2008, che lo stesso ecopass aveva ridotto gli ingressi (in media) del 16 per cento e che (come detto) Area C aveva portato la riduzione al 45 per cento, si può concludere che al massimo il 15 per cento della riduzione di traffico rispetto a una situazione senza alcuna forma di tariffazione è attribuibile alla crisi economica, mentre il 30 per cento è attribuibile ad Area C.
Confortati da questo risultato, si può salutare con speranza la decisione della giunta milanese di far ripartire Area C il 17 settembre. È augurabile che, questa volta, la delibera non si presti a sospetti formali da parte dei giudici amministrativi (ammesso che quella del 2011 si prestasse). E che i provvedimenti per limitare la congestione nelle zone esterne ad Area C vengano presi con rapidità ed efficacia. Chissà, Milano potrebbe diventare un esempio da imitare per altre grandi città italiane.
venerdì 31 agosto 2012
Arrivederci Cardinale
Non essendo in grado di fare di meglio, cerco di prendere in prestito le parole giuste. Lo stesso Carlo Martini, prima. Franco Bomprezzi, poi.
Carlo Martini, da "Conversazioni notturne a Gerusalemme"
Franco Bomprezzi, da blog.vita.it (http://blog.vita.it/francamente/2012/08/31/grazie-cardinal-martini/)
Arrivederci Cardinale.
Carlo Martini, da "Conversazioni notturne a Gerusalemme"
Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, sopattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa.
Franco Bomprezzi, da blog.vita.it (http://blog.vita.it/francamente/2012/08/31/grazie-cardinal-martini/)
Se c’è un modo dolce e dignitoso di morire, ce lo ha indicato il cardinal Martini. Un lento e socratico incedere verso l’ultimo passaggio, il più misterioso. Annunciandolo, come ha fatto sulle colonne del Corriere della Sera, e poi accomiatandosi dalla scena pubblica. Fino all’ultimo respiro, senza sofferenza, senza accanimento.
In pochi giorni due lezioni morali di altissimo spessore sono state impartite all’umanità. La prima, laica e razionale, sul mistero della vita, è venuta dallo stadio di Wembley, dove l’astrofisico Stephen Hawking ci ha invitato a guardare le stelle nel cielo e non le nostre scarpe, aprendo le Paralimpiadi, e scrutando, con la sua voce sintetica, l’inesplicabile segreto delle mille differenze di corpi, menti e spiriti, ossia le possibili disabilità, accadimenti che rientrano in una legge universale, difficile da decifrare, prima ancora che da accettare.
Oggi la lezione arriva da un maestro della Chiesa cattolica, una persona capace di parlare a credenti e non credenti con uguale carisma, con forza impressionante e semplicità icastica di linguaggio e di stile. La notizia della sua morte dovrebbe essere accolta in silenzio. In preghiera per chi ha fede. In meditazione per chi non riesce a trovare Dio in questo mondo.
Non comprendo, dunque, la disputa stucchevole sul tema dell’accanimento terapeutico. Non posso immaginare che l’anziano cardinale, dopo una vita gloriosa e ricca di accadimenti, di incontri, e di pensiero positivo, possa volere una divisione rissosa sul significato evidente della sua decisione di lasciare corso alla vita e alla morte, secondo natura.
La morte meriterebbe più rispetto e considerazione da parte di tutti noi, che siamo di passaggio, ma non vogliamo comprenderlo. Ci rifiutiamo di accettarla per noi stessi, e anche per i nostri cari. Vorremmo che mai accadesse, non sopportiamo il lutto, e fatichiamo a rassegnarci di fronte alle sentenze dei medici, o all’evidenza degli anni che avanzano. E invece la morte è solo un attimo inspiegabile. Una soglia imperscrutabile, che ci riguarda come esseri umani, senza possibilità di rimedio.
Accettare la morte è fondamentale, mai come in questa fase dell’evoluzione del mondo, quando la tecnologia, la scienza, la ricerca, sembrano fare a gara per prolungare il sogno di un’esistenza senza fine, senza limiti. Il cardinale Carlo Maria Martini non ci ha imposto nulla, ci ha solo indicato la strada più larga e ombrosa, confortevole e serena.
Per chi ha fede la morte non dovrebbe rappresentare una tragedia, ma solo un passaggio. Per chi vive nel dubbio o nella certezza dell’inesistenza di un disegno divino, la morte non dovrebbe essere altro che la cessazione di un agglomerato di cellule, preludio del nulla e quindi accettabile senza il terrore di un “dopo” che non ci sarà.
La morte, più che la vita, ci dovrebbe appagare e unire nel rispetto e nel silenzio. Durante la vita abbiamo già molto da fare, da realizzare, da progettare. Diamoci almeno la mano davanti a quest’uomo di pace e di amore. Universale.
Arrivederci Cardinale.
venerdì 3 agosto 2012
Le (ottime) ragioni di Area C
Il testo di un mio arcticolo apparso su "Qualcosa di Riformista" pochi giorni fa.
Interesse privato, autorimessa, congestione. Basterebbero tre o quattro parole chiave da incrociare più o meno casualmente su un motore di ricerca per ricostruire con buona fedeltà il furioso dibattito scatenatosi attorno alla sentenza del Consiglio di Stato sulla sospensione di Area C, il provvedimento anti-congestione attivato sei mesi fa dal Comune di Milano per limitare gli accessi nel centro cittadino.
Certo, quando si tratta di sentenze commentare è lecito ma rispettare è d'obbligo, anche quando, come in questo caso, si fa proprio fatica a capire. Fatica a comprendere, fatica a digerire le motivazioni della sentenza: "carenza di riferimenti nella pianificazione delle politiche per la mobilità" e "presunta lesione dell'interesse economico del soggetto ricorrente". Così si legge.
Ma andiamo con ordine. La pianificazione, prima di tutto. È vero, l'aggiornamento del Piano Urbano della Mobilità non è stato ancora completato. Si sta lavorando all'affinamento delle linee guida che verranno votate a breve in Consiglio Comunale, ma formalmente l'ultimo riferimento utile è il piano del traffico redatto nel 2003 dall'allora Sindaco Albertini (lo stesso che, sul Corriere, si schiera apertamente a sostegno di Area C). La questione, comunque, è oggettivamente intricata. Ne è una dimostrazione il fatto che su questo stesso tema, solo cinque mesi fa, il Tar, con la sentenza che respingeva la richiesta di sospensiva di area C, si esprimeva in maniera diametralmente opposta: "l'istituzione di Area C trova aggancio nelle previsioni contenute nel piano generale del traffico urbano approvato nel 2003" e "per tale ragione non sembrano profilarsi violazioni…".
Ma veniamo al secondo aspetto, la decisione di tutelare l'interesse del privato a fronte di una serie di benefici per la collettività in termini di minor congestione (-34% di auto in centro, -7% in periferia) e maggiore vivibilità urbana. Innanzitutto, la lesione dell'interesse economico dei proprietari di autorimesse è tutta da verificare: in generale, a fronte di una sosta in superficie ancora troppo selvaggia, i garage risultano relativamente vuoti e dunque con buoni margini di incremento dei ricavi. Non è detto quindi che il calo in termini assoluti degli accessi in centro determini un calo della sosta nei garage. La recente convenzione tra il Comune ed alcuni autosilo cerca proprio di porre rimedio a questo paradosso. Ma se anche il danno economico fosse confermato, far prevalere questo tipo di interesse privato rispetto a quello pubblico sarebbe come dire che bisogna fare la guerra per tutelare i produttori d'armi: semplicemente insensato.
Aspettando la sentenza del Tar che si esprimerà definitivamente nel merito, oggi abbiamo l'occasione per rilanciare con forza le politiche di mobilità sostenibile in chiave metropolitana, su cui si gioca il futuro della nostra città. Ingredienti necessari: coraggio, lungimiranza, occhi bene aperti all'Europa, ma anche equilibro e realismo. Su Area C, che chiaramente è solo uno dei tasselli, si studiano soluzioni migliorative "al rialzo". Se un'estensione alla cerchia filoviaria non sarebbe forse sostenibile vista la minor capillarità dei mezzi pubblici in periferia, un'espansione "a macchie" in alcuni quartieri specifici potrebbe essere la soluzione migliore. È chiaro che l'equilibrio è delicatissimo: servirebbero ingenti investimenti proprio mentre il quadro finanziario, già preoccupate, è aggravato dalle previsioni di pesanti tagli nazionali sul trasporto pubblico. Ma è proprio in questo passaggio strettissimo che Area C misura la sua forza: la congestion charge ha dimostrato di generare risultati importanti, sia in termini di flussi di mobilità sia in relazione al trasferimento di risorse monetarie da chi usa l'auto a chi decide (magari anche con qualche sacrificio) di muovesi in maniera diversa. 30 milioni, al di là di tutto, sono un risultato straordinario: liberare risorse per finanziare provvedimenti che impattano in modo determinante sulla qualità della vita delle persone diventa cruciale, e con Area C ci stiamo riuscendo.
Interesse privato, autorimessa, congestione. Basterebbero tre o quattro parole chiave da incrociare più o meno casualmente su un motore di ricerca per ricostruire con buona fedeltà il furioso dibattito scatenatosi attorno alla sentenza del Consiglio di Stato sulla sospensione di Area C, il provvedimento anti-congestione attivato sei mesi fa dal Comune di Milano per limitare gli accessi nel centro cittadino.
Certo, quando si tratta di sentenze commentare è lecito ma rispettare è d'obbligo, anche quando, come in questo caso, si fa proprio fatica a capire. Fatica a comprendere, fatica a digerire le motivazioni della sentenza: "carenza di riferimenti nella pianificazione delle politiche per la mobilità" e "presunta lesione dell'interesse economico del soggetto ricorrente". Così si legge.
Ma andiamo con ordine. La pianificazione, prima di tutto. È vero, l'aggiornamento del Piano Urbano della Mobilità non è stato ancora completato. Si sta lavorando all'affinamento delle linee guida che verranno votate a breve in Consiglio Comunale, ma formalmente l'ultimo riferimento utile è il piano del traffico redatto nel 2003 dall'allora Sindaco Albertini (lo stesso che, sul Corriere, si schiera apertamente a sostegno di Area C). La questione, comunque, è oggettivamente intricata. Ne è una dimostrazione il fatto che su questo stesso tema, solo cinque mesi fa, il Tar, con la sentenza che respingeva la richiesta di sospensiva di area C, si esprimeva in maniera diametralmente opposta: "l'istituzione di Area C trova aggancio nelle previsioni contenute nel piano generale del traffico urbano approvato nel 2003" e "per tale ragione non sembrano profilarsi violazioni…".
Ma veniamo al secondo aspetto, la decisione di tutelare l'interesse del privato a fronte di una serie di benefici per la collettività in termini di minor congestione (-34% di auto in centro, -7% in periferia) e maggiore vivibilità urbana. Innanzitutto, la lesione dell'interesse economico dei proprietari di autorimesse è tutta da verificare: in generale, a fronte di una sosta in superficie ancora troppo selvaggia, i garage risultano relativamente vuoti e dunque con buoni margini di incremento dei ricavi. Non è detto quindi che il calo in termini assoluti degli accessi in centro determini un calo della sosta nei garage. La recente convenzione tra il Comune ed alcuni autosilo cerca proprio di porre rimedio a questo paradosso. Ma se anche il danno economico fosse confermato, far prevalere questo tipo di interesse privato rispetto a quello pubblico sarebbe come dire che bisogna fare la guerra per tutelare i produttori d'armi: semplicemente insensato.
Aspettando la sentenza del Tar che si esprimerà definitivamente nel merito, oggi abbiamo l'occasione per rilanciare con forza le politiche di mobilità sostenibile in chiave metropolitana, su cui si gioca il futuro della nostra città. Ingredienti necessari: coraggio, lungimiranza, occhi bene aperti all'Europa, ma anche equilibro e realismo. Su Area C, che chiaramente è solo uno dei tasselli, si studiano soluzioni migliorative "al rialzo". Se un'estensione alla cerchia filoviaria non sarebbe forse sostenibile vista la minor capillarità dei mezzi pubblici in periferia, un'espansione "a macchie" in alcuni quartieri specifici potrebbe essere la soluzione migliore. È chiaro che l'equilibrio è delicatissimo: servirebbero ingenti investimenti proprio mentre il quadro finanziario, già preoccupate, è aggravato dalle previsioni di pesanti tagli nazionali sul trasporto pubblico. Ma è proprio in questo passaggio strettissimo che Area C misura la sua forza: la congestion charge ha dimostrato di generare risultati importanti, sia in termini di flussi di mobilità sia in relazione al trasferimento di risorse monetarie da chi usa l'auto a chi decide (magari anche con qualche sacrificio) di muovesi in maniera diversa. 30 milioni, al di là di tutto, sono un risultato straordinario: liberare risorse per finanziare provvedimenti che impattano in modo determinante sulla qualità della vita delle persone diventa cruciale, e con Area C ci stiamo riuscendo.
giovedì 19 luglio 2012
Politiche di adattamento al clima. Milano si avvicina all’Europa
Eppur si muove. Sarà il caldo record di questi giorni, saranno le occasioni finalmente prese al volo, sarà quel che volete: a Milano si comincia a parlare di politiche di adattamento al clima, misure da prendere per tutelare persone, risorse naturali e infrastrutture dai fenomeni più violenti dovuti al cambiamento climatico, come esondazioni, ondate di calore, forti temporali.
Certo, sul fronte delle politiche ambientali i passi fatti in questo anno dall’amministrazione arancione sono stati molti: il rinnovo del Patto dei Sindaci (approvato il 9 luglio in Consiglio Comunale), il lavoro dei tecnici sul Piano per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAES, mai approvato dall’aula ai tempi della Moratti), la partecipazione ai bandi Smart Cities, gli sforzi – e i primi risultati tangibili – sul tema dell’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare.
Oggi si aggiunge un altro pezzo di questo puzzle, e finalmente si tratta di un passo in avanti sul tema della resilienza.
Questa di per sé è già una bella notizia, perché nonostante alcuni sforzi più o meno recenti, tanto apprezzabili quanto isolati (si pensi ai piani “caldo” e “freddo” o alla progettazione “a prova di esondazione” della linea M5), la nostra città non è mai riuscita a dotarsi di una vera e propria politica di adattamento, ovvero di quadro organico attraverso cui sviluppare quelle misure che oggi, a detta di mezza Europa, assumono un carattere così prioritario e urgente. E d’altronde lo si sa, troppo spesso in Italia ci si è arresi alla cultura dell’emergenza: reazioni scomposte ed emotive a fenomeni naturali avversi, che hanno impedito di mettere a punto con lucidità e lungimiranza strategie di lungo periodo per la tutela del territorio e dell’ambiente. Tanto più quando la “domanda politica” è quasi inesistente, come nel caso delle questioni legate al clima (al tema dell’adattamento ancor più che a quello della mitigazione).
L’occasione della svolta è stato un seminario organizzato ad Ancona nell’ambito di “EU Cities Adapt”, un programma della Commissione Europea per supportare le città nello sviluppo di strategie di adattamento al clima, a cui Milano ha scelto di partecipare l’11 luglio scorso. Il seminario ha rappresentato solo la “fase uno” di un percorso che offrirà a 21 città selezionate la possibilità di godere di consulenze personalizzate in merito alla progettazione, l’attuazione e la valutazione di politiche di adattamento, di scambiare esperienze e buone pratiche tra città, di espandere la conoscenza degli impatti urbani del cambiamento climatico.
Milano è tra i candidati, in attesa di selezione. Al di là di come andrà a finire, la buona notizia è che anche sul tema dell’adattamento il silenzio assordante del recente passato sembra aver lasciato il posto ad una sensibilità crescente e ad un attenzione che, se ben capitalizzata, potrà essere determinante per il futuro della nostra città.
Certo, sul fronte delle politiche ambientali i passi fatti in questo anno dall’amministrazione arancione sono stati molti: il rinnovo del Patto dei Sindaci (approvato il 9 luglio in Consiglio Comunale), il lavoro dei tecnici sul Piano per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAES, mai approvato dall’aula ai tempi della Moratti), la partecipazione ai bandi Smart Cities, gli sforzi – e i primi risultati tangibili – sul tema dell’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare.
Oggi si aggiunge un altro pezzo di questo puzzle, e finalmente si tratta di un passo in avanti sul tema della resilienza.
Questa di per sé è già una bella notizia, perché nonostante alcuni sforzi più o meno recenti, tanto apprezzabili quanto isolati (si pensi ai piani “caldo” e “freddo” o alla progettazione “a prova di esondazione” della linea M5), la nostra città non è mai riuscita a dotarsi di una vera e propria politica di adattamento, ovvero di quadro organico attraverso cui sviluppare quelle misure che oggi, a detta di mezza Europa, assumono un carattere così prioritario e urgente. E d’altronde lo si sa, troppo spesso in Italia ci si è arresi alla cultura dell’emergenza: reazioni scomposte ed emotive a fenomeni naturali avversi, che hanno impedito di mettere a punto con lucidità e lungimiranza strategie di lungo periodo per la tutela del territorio e dell’ambiente. Tanto più quando la “domanda politica” è quasi inesistente, come nel caso delle questioni legate al clima (al tema dell’adattamento ancor più che a quello della mitigazione).
L’occasione della svolta è stato un seminario organizzato ad Ancona nell’ambito di “EU Cities Adapt”, un programma della Commissione Europea per supportare le città nello sviluppo di strategie di adattamento al clima, a cui Milano ha scelto di partecipare l’11 luglio scorso. Il seminario ha rappresentato solo la “fase uno” di un percorso che offrirà a 21 città selezionate la possibilità di godere di consulenze personalizzate in merito alla progettazione, l’attuazione e la valutazione di politiche di adattamento, di scambiare esperienze e buone pratiche tra città, di espandere la conoscenza degli impatti urbani del cambiamento climatico.
Milano è tra i candidati, in attesa di selezione. Al di là di come andrà a finire, la buona notizia è che anche sul tema dell’adattamento il silenzio assordante del recente passato sembra aver lasciato il posto ad una sensibilità crescente e ad un attenzione che, se ben capitalizzata, potrà essere determinante per il futuro della nostra città.
martedì 17 luglio 2012
martedì 26 giugno 2012
Rio+20 o Rio-20?
La conferenza internazionale sullo sviluppo sostenibile di Rio+20 si è chiusa da qualche giorno nel silenzio totale dei media (soprattutto quelli italiani).
Certo, se si fosse raggiunto un accordo più pregnante forse qualche parola in più sarebbe stata spesa, ma è indubbio che anche il racconto delle sconfitte serve ad affilare le strategie per i prossimi appuntamenti. Ed è altrettanto indubbio che se la società civile e gli elettori (e quindi i media) non comincieranno davvero a darsi da fare per mettere sotto pressione i propri governi affinchè si raggiungano obiettivi significativi in termini di ambiente, clima, povertà e sostenibilità dello sviluppo, mai potremo vedere realmente i segni del cambiamento.
Dunque, cosa è successo a Rio+20?
La montagna ha partorito un topolino (ecco il testo dell'"accordo").
Se ne è parlato su tanti blog e testate indipendenti, ma credo che il modo migliore per capirci qualcosa sia leggersi questo articolo di Alexios Mantzarlis, consulente per UNDP presso Rio+20, che sintetizza in modo puntuale i punti principali emersi dalla conferenza.
E per non farsi mancare proprio nulla, il consiglio è di fare un giro sul blog di Emanuele Bonpan, bravissimo giornalista ecologico freelance inviato a Rio.
Ecco alcuni degli articoli che Emanuele ha pubblicato durante i giorni di Rio. Buona lettura.
Certo, se si fosse raggiunto un accordo più pregnante forse qualche parola in più sarebbe stata spesa, ma è indubbio che anche il racconto delle sconfitte serve ad affilare le strategie per i prossimi appuntamenti. Ed è altrettanto indubbio che se la società civile e gli elettori (e quindi i media) non comincieranno davvero a darsi da fare per mettere sotto pressione i propri governi affinchè si raggiungano obiettivi significativi in termini di ambiente, clima, povertà e sostenibilità dello sviluppo, mai potremo vedere realmente i segni del cambiamento.
Dunque, cosa è successo a Rio+20?
La montagna ha partorito un topolino (ecco il testo dell'"accordo").
Se ne è parlato su tanti blog e testate indipendenti, ma credo che il modo migliore per capirci qualcosa sia leggersi questo articolo di Alexios Mantzarlis, consulente per UNDP presso Rio+20, che sintetizza in modo puntuale i punti principali emersi dalla conferenza.
E per non farsi mancare proprio nulla, il consiglio è di fare un giro sul blog di Emanuele Bonpan, bravissimo giornalista ecologico freelance inviato a Rio.
Ecco alcuni degli articoli che Emanuele ha pubblicato durante i giorni di Rio. Buona lettura.
Rio+20, niente risultati, tanta volontà dal basso
La partita dei Soldi di Rio+20
Doppio autogol
RIo, finalizzato il testo dell’accordo
martedì 19 giugno 2012
Lettera a Mattia Calise (M5s)
"I miei colleghi guardano la partita durante il Consiglio... Accade nella sala adiacente allestita con il proiettore. La seduta andrà avanti tutta la notte, ma io qui li saluto, se questo è il rispetto delle istituzioni vado a mangiare normalmente a casa."
(Mattia Calise)
Caro Mattia,
ieri, prima di andartene a casa indignato (l'avrei fatto anch'io al tuo posto) hai scattato una bella fotografia.
E anche se non si vede, in quella foto ci sono anch'io, davanti a quello schermo improvvisato su cui scorrevano (un po' a scatti, per la verità) le immagini della partita dell'Italia, mentre nell'aula a fianco era in corso il Consiglio Comunale. Sì, lo puoi ben dire, ho commesso l'inespiabile colpa di assentarmi per qualche minuto dall'aula consiliare per guardare la partita.
Caro Mattia, mi perdonerai questo sfogo, ma il populismo ha le gambe corte, o almeno così vorrei pensare.
E sulle ali del populismo (e del popolino), stanotte quella fotografia ha fatto il giro di mezzo Facebook. Fuori l'iPad e click, hai immortalato un'istantanea rendendola un'icona. Un'immagine fantastica peraltro, bravo. Il sogno di ogni grillino. La dimostrazione (oserei dire) pubblicitaria che destra e sinistra (tuttiugualistessoschifo, naturalmente) sono shifosamente uguali (o ugualmente schifosi?) anche quando, figuriamoci!, si parla di pallone. Ovviamente in barba agli onesti cittadini che ci pagano pure il gettone.
Ecco, oggi hai sbattuto ancora una volta "il mostro in prima pagina", ma questa volta davanti al giochino del "like" facile non ci sto più.
Capisco che abbiate solo da guadagnarci dal diffondersi del popolo-pensiero tuttiugualistessoschifo, ma da te, che sei una persona che stimo, mi aspetterei qualcosa di più... come dire... raffinato.
Ad esempio, invece di indurre i tuoi lettori a pensare che "i cattivi" sono quelli che si prendono 10 minuti di pausa dall'aula o fanno due chiacchiere con il compagno di banco o leggono le mail durante il consiglio (cose che peraltro, ovviamente, anche tu stesso fai), perchè non racconti la verità fino in fondo?
Forse anche i tuoi lettori la smetterebbero con l'ipocrisia del "oh, guarda! Ci sono due consiglieri malvagi che chiacchierano!!!!!!", e forse si renderebbero conto anche loro che il guaio di questo sistema gravemente malato non è certo il fatto che il consigliere Taldeitali si è assentato per qualche minuto dall'aula per guardare uno spezzone di partita, quanto invece l'insieme di regole e prassi folli che hanno permesso che il non-rispetto delle istituzioni democratiche, della dialettica, dei tempi della politica e della vita, sia diventato la normalità. E' così che la "fuga dall'aula", oltre che normale, diventa desiderabile e anzi, quasi vitale. Per legittima difesa.
Caro Mattia, piacerebbe anche a me andare a casa a cena come hai fatto tu. Ma si da il caso che abbia la responsabilità di mantenere il numero legale per far sì che il bilancio della nostra città (bello o brutto che sia) venga votato entro il 30 giugno. E questo a costo di sopportare per giorni e notti le umiliazioni dell'opposizione che col suo ostruzionismo a oltranza svilisce il senso di quest'aula e il senso della democrazia. Ma cosa credete, che solo voi del M5S siate indignati di questo teatrino? Che solo voi siate imbarazzati della vuotezza di quest'aula???
Evidentemente no.
Se ti ricordi bene, nel mio primo intervento (l'11 settembre scorso) ho parlato proprio di questo.
E ancora prima (il 29 luglio scorso, dopo la prima notte insonne in Consiglio), denunciavo: "non mi interessa niente di quello che è stato finora, non mi interessa niente se i miei colleghi dell'ex opposizione facevano esattamente lo stesso. Io - noi - arriviamo oggi. E oggi abbiamo il diritto di denunciare questo morbo che inquina la nostra politica e rende improduttivi e non più credibili i nostri sistemi politici".
Su queste battaglie, caro Mattia, sarò con te, sempre.
A patto però che lasciamo fuori la demagogia e il qualunquismo che danneggiano tutti in modo irreparabile, e distinguiamo il male dall'innocuo. Ecco, io credo che il male qui non siano "i politici della casta": i responsabili dello scempio istituzionale hanno nomi e cognomi, oggi sono i consiglieri dell'opposizione di centrodestra come ieri erano alcuni consiglieri del centrosinistra, con buona complicità di un regolamento folle che permette tutto questo.
Non certo di chi invece di ascoltare il disco rotto di qualche consigliere d'opposizione (irresponsabile, provocatrice, demagogica, sfacciata) ha scelto di sedersi 10 minuti per vedere i gol dell'Italia (evvai).
PS: per la cronaca, con la discussione sull'addizionale irpef ci siamo portati a casa circa 2 euro l'ora. Naturalmente senza straordinari, ferie, malattie o contributi. Ahhh, la casta!
lunedì 18 giugno 2012
Aumento dei biglietti. La lezione milanese che Alemanno non segue
Riporto un interessante articolo di Marco Campione apparso lo scorso 6 giugno sul sito imille.org, in merito alla rimodulazione delle tariffe per il trasporto pubblico a Milano e a Roma.
Dal 25 maggio scorso il Comune di Roma
ha aumentato le tariffe di ATAC. Biglietti e abbonamenti hanno subito un
rincaro e dunque tutta la politica tariffaria è stata modificata. Può
essere quindi interessante analizzare le scelte che sono state fatte al
fine di verificare se la leva tariffaria può essere sfruttata per
indurre negli utenti comportamenti più virtuosi.
In altri termini, dando per scontato che
l’aumento fosse necessario o quanto meno inevitabile, la tesi di chi
scrive è che ci sia modo e modo per procedere nella direzione di un uso
“utile” di scelte anche dolorose. E non lo dico sulla base di una
costruzione teorica, ma basandomi su un caso concreto: l’analogo aumento
realizzato dal Comune di Milano lo scorso anno. Sia chiaro, non mi
interessa tanto comparare direttamente i prezzi di biglietti e
abbonamenti o analizzare quali detrazioni sono concesse nei due comuni,
ma verificare come si è proceduto e quali scelte sono state compiute
approfittando delle nuove tariffe.
Prendiamo i principali titoli di
viaggio: per il biglietto giornaliero e bigiornaliero in entrambi i casi
l’aumento è stato del 50%. Permane a Roma l’inspiegabile differenza con
Milano rispetto alla validità di queste tariffe, molto utili per quei
turisti (culturali o d’affari) che si fermano per brevi periodi: 24 o 48
ore dalla convalida a Milano, fino alle ore 24 del giorno di convalida
(o del successivo) a Roma. Un primo esempio molto semplice di come nella
Capitale la politica tariffaria sia più orientata a “fare cassa” che a
determinare le scelte dell’utenza.
Le differenze ci sono per gli
abbonamenti. Sia nelle tariffe, che nelle tipologie. Per quel che
riguarda le tariffe degli abbonamenti ordinari, la differenza nelle
scelte delle due città sembra minima, ma – come dirò – così non è. La
tariffa ATM dell’abbonamento mensile e annuale è rimasta invariata,
quella dell’abbonamento settimanale è aumentata del 26%, ovvero meno
dell’aumento del prezzo del biglietto. A Roma l’abbonamento settimanale è
aumentato del 50%, come il prezzo del biglietto, quello mensile del 16%
e quello annuale del 10%. Con il paradosso che il settimanale ATAC
costa 24 € e il mensile 35 €. Perché non abolirlo del tutto?
Apparentemente gli aumenti degli
abbonamenti ordinari mensili e annuali sono di scarsa entità, ma
l’invarianza del prezzo dell’abbonamento annuale e mensile ha consentito
ad ATM di impostare tutta la campagna di comunicazione su questo
elemento, invitando esplicitamente i cittadini a dotarsi di un
abbonamento quanto meno mensile. A Roma questo non è stato fatto, anzi
l’incentivazione all’uso del mezzo pubblico è evidentemente del tutto
estranea a questa amministrazione.
Giudizio confermato dalla novità più
evidente e sconvolgente delle nuove tariffe ATAC: l’abolizione
dell’abbonamento mensile per studenti e anziani, che saranno obbligati a
ricorrere all’abbonamento annuale, con una limitazione aggiuntiva
legata al reddito. Ulteriore novità, questa del reddito: soglia
relativamente bassa (20.000 € di reddito ISEE), ma che denuncia
soprattutto come si consideri l’abbonamento non un incentivo all’uso del
mezzo pubblico, ma alla stregua di una politica sociale. Approccio che
personalmente non condivido. A Milano si è fatta la scelta opposta,
estendendo l’abbonamento per studenti a tutti i giovani sotto i 26 anni
indipendentemente dal reddito ISEE e dall’essere studenti; reddito che
invece nel capoluogo lombardo viene valutato per gli abbonamenti per gli
Over 65, che viaggiano praticamente gratis se hanno un ISEE inferiore
ai 16.000 €: questo sì – giustamente – un sostegno economico a una delle
categorie più colpite dalla crisi.
Come anticipato, l’approccio di ATM,
fortemente voluto dall’assessore Maran, ha consentito di impostare la
campagna di comunicazione dello scorso anno volgendo in positivo la
scelta (mai piacevole, ovviamente) di aumentare il prezzo del biglietto.
Ma ha anche dato dei risultati? Le cifre che riporto nella tabella
seguente (ultima colonna) non lasciano spazio a dubbi: crollo verticale
delle vendite dei titoli di viaggio singoli e incremento senza
precedenti degli abbonamenti. Con un vantaggio notevole per l'Amministrazione e per la città, grazie al numero di utenti che sono stati
indotti a passare dal mezzo privato a quello pubblico.
Roma e Milano. Due città diversamente
amministrate, non solo per il colore politico delle giunte. Due modi
diversi di approcciare il problema, che evidentemente hanno alla loro
base anche due approcci diversi all’uso dei mezzi pubblici e alla loro
incentivazione. Diverso approccio che si è visto anche nella
comunicazione degli aumenti. A Milano gli avvisi sono stati diffusi per
tutta la città e in modo martellante nelle settimane che hanno preceduto
l’aumento, a Roma invece nemmeno un cartello nella Metropolitana. La
mattina del 25 maggio chi ha acquistato un biglietto ha scoperto un
aumento del 50%. E Roma è anche una città turistica: è questo il
rispetto per i cittadini e i suoi ospiti? Forse c’era un po’ di
vergogna, ma qualunque sia stata la ragione non è un’attenuante e denota
un pessimo rapporto con la città che si amministra.
Marco Campione
iMille.org – Direttore Raoul Minetti
http://www.imille.org/2012/06/aumento-dei-biglietti-la-lezione-milanese-che-alemanno-segue/comment-page-1/#comment-19166
giovedì 14 giugno 2012
I tre giorni dell'OCA
A tutti quelli che vogliono accendere milano.
A chi ha idee e passioni instancabili.
A chi al comune chiede molto e pretende di più.
Ecco i tre giorni dell'OCA, settantadue ore di incontri, workshops, spettacoli ed eventi per liberare la creatività e ragionare insieme sul futuro della cultura e degli spazi della nostra città.
L'appuntamento è dal 14 al 16 giugno allo spazio Ansaldo in via Tortona.
Qui il comunicato del Comune di Milano e Qui il programma dettagliato in pdf.
Ci vediamo là!
Ecco le vostre migliori cartoline
La milano che cambia, a partire dalle piccolezze, è sotto gli occhi di tutti.
Ecco qui una raccolta delle più belle cartoline che mi avete spedito in questi giorni!
Grazie a tutti per averci messo cuore e fantasia!!!
Ecco qui una raccolta delle più belle cartoline che mi avete spedito in questi giorni!
Grazie a tutti per averci messo cuore e fantasia!!!
venerdì 8 giugno 2012
Cartoline dalla Milano che cambia
È un’affermazione che ha dell’incredibile quella del consigliere De Corato riguardo alle nuove panchine installate nei giorni scorsi in corso Vittorio Emanuele e in piazza Beccaria.
“Sono contrario perché ospiteranno i clochard”, aveva detto ieri il consigliere del PDL, trascinandoci indietro in un tempo ormai – fortunatamente – passato, quando l’allora vicesindaco, in piena campagna elettorale, ordinava che le panchine in piazza Duca d’Aosta venissero costantemente bagnate così che nessuno ci si potesse più sedere. Turisti compresi. Perché così si dava a Milano una parvenza di… “ordine”.
Noi, per fortuna, ci sentiamo diversi. E allora non solo mi auguro che le panchine (ma anche le fontanelle, i tavoli, e ogni altro elemento di socialità urbana) possano essere sempre di più, ma voglio immaginare che ogni panchina, nuova o vecchia che sia, possa raccontare una storia. Una storia semplice, la descrizione di un attimo di autentica quotidianità: una donna che legge, un bacio tra amanti, un gelato in compagnia, un uomo che dorme. Una piccola grande storia, all’apparenza insignificante, ma che legata a tutte le altre sappia raccontare di una città che si prende cura di ciascuno con attenzione e umanità. A partire da un elemento così semplice come una panchina in una strada del centro.
Oggi mi sono seduto accanto ai comici Ale e Franz, all’allenatore Zeman e al mitico Forrest Gump, quattro storie meravigliose nate sopra una panchina.
Ma quante storie sa raccontare Milano? Mi piacerebbe che a dircelo fossero le nostre fotografie, delle cartoline con dei "saluti della Milano che cambia". Immortalate voi stessi o i vostri amici, felici, tristi, ridenti o pensierosi, su una panchina di Milano. Poi condividetela sulla mia pagina Facebook o inviatemela per email (emanuele.lazzarini@comune.milano.it).
Altro che decoro urbano: vedrà, consigliere De Corato, quanto saremo belli e quanto saremo umani!
Qui l'iniziativa ripresa da corriere.it.
venerdì 11 maggio 2012
Macao, tra sogno e realtà
Un anno fa, il 10 maggio, abbiamo riempito la piazza della Stazione con quello straordinario concerto, "Milano libera tutti". Decine di migliaia di giovani a cui abbiamo chiesto impegno e promesso un cambiamento. Siamo riusciti, malgrado le difficoltà, a mantenere molti impegni presi. So anche pero' che su altri siamo in ritardo. Per questo ho deciso di impegnarmi personalmente e di prendere in mano direttamente una questione che non puo' aspettare. Milano deve offrire spazi, ospitare la creativita' e lo spettacolo, le arti e la musica. Apprezzare cio' che nasce spontaneamente, ascoltarlo, capirlo e offrire risposte. Diritti e regole. (Giuliano Pisapia)Macao è un posto oggettivamente incredibile. Trentatrè piani di cemento acciaio e vetro, proprietà del gruppo Ligresti (lo ha acquistato nel 2006 per 48 milioni di euro) e trasformati dopo più di dieci anni di abbandono (in attesa dei lavori di ristrutturazione che dovrebbero partire a breve) in un laboratorio artistico popolare.
E' vero, la trasversalità e il numero di soggetti competenti che stanno cooperando dentro Macao è un dato di fatto da cui non si può prescindere.
Un dato che è un sintomo e un segnale. La fame di spazi vivi, autoorganizzati e partecipati, per fare arte e cultura non necessariamente entro le logiche d'impresa. La necessità di dare risposte ai bisogni non soddisfatti dagli spazi e dalle istituzioni culturali di oggi.
Da questo punto di vista, Macao è un luogo meraviglioso perchè rende possibile questo sogno: spazi enormi a basso costo (anzi, gratis), autogestione, aggregazione, visibilità.
Ma c'è un difetto, un errore di fondo che è tanto banale quanto cruciale.
La torre Galfa è un edificio privato e l'occupazione abusiva è un reato. Punto. Non c'è scappatoia, non c'è via d'uscita.
Il proprietario ha legittimamente richiesto lo sgombero e quell'edificio verrà sgomberato.
Macao peraltro chiede al Comune di opporsi, di difendere il progetto, di cercare una soluzione per frenare le volontà del gruppo Ligresti, ma è evidente che l'Amministrazione non ha alcuno strumento per infilarsi in una vicenda tra privati, anche se lo volesse.
E allora se Macao, com'è presumibile, avrà vita breve, c'è da pensare (tutti e subito) a cosa fare quando la torre tornerà inevitabilmente ad essere solo un enorme parallelepipedo di grigia anonimia. Perchè se è vero che il Comune non può tollerare un'occupazione abusiva, può invece (e deve!) cogliere i tratti più positivi del movimento che Macao ha aggregato attorno a sè.
Nel concreto, questa è indubbiamente la parte più interessante e complessa.
Macao chiede al Comune di "mettersi in ascolto di questa esperienza inedita, cogliendone le potenzialità, anche prendendosi un tempo per capire e formulare un nuovo vocabolario istituzionale e giuridico". Al di là delle belle circonvoluzioni linguistiche, "formulare un nuovo vocabolario istituzionale e giuridico" significherebbe di fatto uscire dalla logica dei bandi per l'assegnazione degli spazi pubblici, per trovare soluzioni più simili all'assegnazione diretta. Soluzioni dunque che prescindano da un meccanismo premiante in senso stretto ma trovino invece legittimità nella volontà politica di favorire questo o quell'altro gruppo portatore di un sistema di valori ritenuto culturalmente (e politicamente) meritevole di spazio e di tutela.
Questa logica, a mio avviso, è pericolosa per almeno due ragioni.
Prima di tutto perchè si creerebbe un precedente per cui si potrebbe giustificare "politicamente" qualsiasi assegnazione diretta di spazi pubblici a un qualsiasi soggetto che a seconda del vento politico venga ritenuto "meritevole".
In secondo luogo perchè gli spazi (pubblici) sono pochi, e se sono pochi è doveroso fare in modo che se li aggiudichino i più meritevoli, e i meritevoli non li si può scegliere se non con dei criteri di merito, esattamente quelli che -seppur con tutti gli aggiustamenti possibili- sono contenuti in un bando pubblico.
Si chiama trasparenza, si chiama legalità, si chiama parità nelle condizioni di accesso ai beni e agli spazi pubblici. Altrimenti a vincere è la regola del più forte, la stessa che tanto osteggiamo quando ci fa comodo.
Oggi in tanti guardiamo a Macao con gli occhi pieni di emozione perchè ci regala il sogno di una città che può appropriarsi dei suoi grattacieli e dal tetto gridare la propria fame di cultura, di arte, di pensiero e di libertà. Ma non possiamo dimenticarci nemmeno per un secondo che oggi siamo titolari di una cosa che si chiama responsabilità di governo, e responsabilità significa anche far sì che i sogni più meravigliosi possano realizzarsi nel rispetto della legalità e premiando le idee migliori e i meriti, che non sono necessariamente quelli urlati più forte.
Quando la torre sarà di nuovo vuota, sarà il nostro turno. Dovremo far rivivere lo spirito di Macao altrove, dando risposta a quei bisogni, mettendo i "lavoratori dell'arte" (e non solo loro!) nelle condizioni di partecipare a bandi-progetto per dare nuova vita agli spazi della nostra città senza ledere i diritti di nessuno.
Non sono parole vane, non sono perbenismo o benpensare come qualcuno si affretta a dire.
Sono coerenza e realismo, forse i migliori ingredienti da impastare assieme ai sogni più belli per dar loro forma, colore e lunga vita.
mercoledì 25 aprile 2012
25 aprile. Per ricordarci chi siamo, senza cambiare la storia
Oggi è il 25 aprile, festa della liberazione d'Italia, giorno di memorie, giorno di coscienza, giorno di comune sentire e di vicinanze positive.
Oggi non sarò in corteo a Milano: quest'anno la strada mi spinge verso sud, fino a Faenza e poi su per gli appennini romagnoli fino a respirare l'aria buona di Ca' Malanca, un posto incredibile, memoria viva di resistenza e di lotta per la liberà dal nazi-fascismo, oggi museo storico della resistenza dell'Emilia Romagna.
Ci tengo a farlo, voglio che questo oggi non scivoli silenzioso come un giorno qualsiasi, come una festa indifferente, come un ricordo da annegare in un passato non più nostro. E ci tengo ancora di più, quest'anno, perchè mai così tanto ho respirato parole di negazione, di indifferenza, di revisione di una storia che sì, sarà anche stata scritta dai vincitori, ma chissà cosa saremmo oggi se avessero vinto quegli altri.
E' questo il punto. I partigiani lottavano per la libertà, i fascisti stavano con i nazisti.
L'ha scritto con la nota lucidità Michele Serra, ieri, riprendendo le parole di Francesco Guccini, ribelle alla vergognosa appropriazione del suo verso "gli eroi son tutti giovani e belli" da parte di chi oggi inneggia ai "ragazzi di Salò".
Quella non era una "guerra civile che come tale andrebbe commemorata solo nei cimiteri" come mi ha scritto su facebook un ragazzo qualche giorno fa.
Perchè non erano tutti uguali.
I partigiani lottavano per la libertà.
I fascisti stavano con i nazisti.
Punto.
Se non fosse che la storia poi qualcuno la vuole annebbiare, rimescolare, riarrangiare su trame nuove e pericolose, in cui i personaggi si confondono e i contorni di una lotta di libertà sfumano in una guerra tra uguali, che finisce per dimenticare il senso di quella lotta e le ragioni di chi l'ha fatta, quella lotta.
Calvino scriveva "dietro il milite delle brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c'erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l'Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c'era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono”.
E allora festeggiamolo, questo 25 aprile, tutti quanti.
Perchè quella Libertà -e quella Costituzione, la nostra- non siano i valori della nostra sinistra, ma i valori del nostro Paese. Sempre.
Oggi non sarò in corteo a Milano: quest'anno la strada mi spinge verso sud, fino a Faenza e poi su per gli appennini romagnoli fino a respirare l'aria buona di Ca' Malanca, un posto incredibile, memoria viva di resistenza e di lotta per la liberà dal nazi-fascismo, oggi museo storico della resistenza dell'Emilia Romagna.
Ci tengo a farlo, voglio che questo oggi non scivoli silenzioso come un giorno qualsiasi, come una festa indifferente, come un ricordo da annegare in un passato non più nostro. E ci tengo ancora di più, quest'anno, perchè mai così tanto ho respirato parole di negazione, di indifferenza, di revisione di una storia che sì, sarà anche stata scritta dai vincitori, ma chissà cosa saremmo oggi se avessero vinto quegli altri.
E' questo il punto. I partigiani lottavano per la libertà, i fascisti stavano con i nazisti.
L'ha scritto con la nota lucidità Michele Serra, ieri, riprendendo le parole di Francesco Guccini, ribelle alla vergognosa appropriazione del suo verso "gli eroi son tutti giovani e belli" da parte di chi oggi inneggia ai "ragazzi di Salò".
Quella non era una "guerra civile che come tale andrebbe commemorata solo nei cimiteri" come mi ha scritto su facebook un ragazzo qualche giorno fa.
Perchè non erano tutti uguali.
I partigiani lottavano per la libertà.
I fascisti stavano con i nazisti.
Punto.
Se non fosse che la storia poi qualcuno la vuole annebbiare, rimescolare, riarrangiare su trame nuove e pericolose, in cui i personaggi si confondono e i contorni di una lotta di libertà sfumano in una guerra tra uguali, che finisce per dimenticare il senso di quella lotta e le ragioni di chi l'ha fatta, quella lotta.
Calvino scriveva "dietro il milite delle brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c'erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l'Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c'era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono”.
E allora festeggiamolo, questo 25 aprile, tutti quanti.
Perchè quella Libertà -e quella Costituzione, la nostra- non siano i valori della nostra sinistra, ma i valori del nostro Paese. Sempre.
L'Amaca, Michele Serra, 24.4.2012
“I partigiani lottavano per la libertà, i fascisti stavano con i nazisti". Così Francesco Guccini si ribella all’appropriazione indebita di un verso della Locomotiva (“gli eroi sono tutti giovani e belli”) stampato su un manifesto che inneggia a Salò. Non si potrebbe esprimere in maniera più semplice, e insieme più giusta, la differenza tra partigiani e repubblichini: contro il nazismo oppure a fianco del nazismo, questa fu la scelta. Eppure questa verità, oggi, suona quasi anticonformista, e perfino intellettualmente difficile: le carte sono state tutte rimescolate, e alcune anche truccate, dalla pervasiva, insistente, annosa campagna di revisionismo storico che ha accompagnato gli anni di Berlusconi, primo premier della storia repubblicana non antifascista. L’espediente retorico di rendere omaggio alla “voce dei vinti” ha finito per trasformare, pian piano, i lupi in agnelli, e la minoranza di ragazzi generosi e coraggiosi che, sebbene cresciuti dentro un regime stupido e razzista, presero la via dei monti, nel racconto revisionista viene spacciata per un potere soverchiante e opportunista.
Domani è il 25 aprile e ogni anno che passa festeggiarlo diventa sempre più importante, sempre più giusto e, per quanto mi riguarda, sempre più emozionante.
mercoledì 18 aprile 2012
Milano ritrova i suoi spazi abbandonati
A Milano sta succedendo qualcosa di importante. Qualcosa che in molti si aspettavano da tempo e che forse tra qualche anno potremo ricordare come uno dei migliori passi della nuova stagione politica e amministrativa.
Il tema è quello degli spazi abbandonati o sottoutilizzati della città, spazi pubblici o privati, s'intende, metri cubi sottratti per tante ragioni diverse al potenziale creativo, associativo, culturale e imprenditoriale della nostra città.
Il lavoro è cominciato quest'autunno e ha raggiunto una svolta importante con il protocollo d’intesa che il Comune ha siglato a fine marzo con il Diap Politecnico e l’associazione Temporiuso.net, da anni impegnata in un'attività di ricerca e benchmarking delle migliori pratiche europee di riuso temporaneo, nonchè già in progetti operativi sul territorio italiano.
Ma di cosa si parla esattamente? Senza andare troppo lontano, un bell'esempio è costituito da Made in Ma.Ge, un progetto sperimentale di riuso temporaneo degli ex Magazzini Generali Falck di Sesto san Giovanni, rivolto a stilisti, artigiani, designer, associazioni e cooperative attivi nel mondo della moda e design sostenibile. Nel 2010, attraverso un bando, sono stati scelti 15 progetti creativi che ora possono godere di un contratto d’uso temporaneo gratuito della durata di 3 anni. Ai vincitori è stato chiesto un contributo per coprire le spese di mantenimento dello stabile proporzionale allo spazio atelier e laboratorio utilizzato, e per il supporto allo start-up d’impresa da parte di esperti e il coinvolgimento in attività seminariali, eventi e fiere.
La sfida, ora più che mai concreta e possibile, è far sì che anche Milano si rigeneri nei suoi spazi urbani, si riappropri dei luoghi che sembravano persi e si arricchisca dei suoi patrimoni dimenticati.
A che punto siamo, dunque? Con la firma del protocollo d'intesa è iniziato un percorso a cinque fasi.
La prima, in cui ci troviamo ora, è il rinnovo della mappatura dell'offerta di spazi. Entro l'inizio di giugno, insieme ai nove Consigli di Zona verranno organizzate nove biciclettate (la prima domenica 22 in zona 4!) in cui si potranno scoprire e conoscere spazi in abbandono e sottoutilizzati, ma anche associazioni culturali, atelier di designer e artigiani, gallerie d’arte, scuole e teatri già attivi nel promuovere servizi ed attività pubbliche e autorganizzate.
La seconda fase (metà giugno) sarà un workshop internazionale sul riuso temporaneo: una tre giorni con Assessori, Consiglieri, privati, associazioni culturali, cittadini ed esperti internazionali per identificare le vocazioni e le prospettive di riuso degli spazi mappati.
Nella terza fase partiranno i bandi, nella quarta i primi progetti pilota e nella quinta si metterà "a regime" la politica pubblica di riuso temporaneo con un database consultabile di spazi.
Nel frattempo, tutti gli interessati possono già partecipare alla "mappatura della domanda", compilando il form apposito sul sito di Temporiuso (ma solo dopo aver letto il Manifesto per il Riuso Temporaneo!)
Teniamoci aggiornati!!!
Il tema è quello degli spazi abbandonati o sottoutilizzati della città, spazi pubblici o privati, s'intende, metri cubi sottratti per tante ragioni diverse al potenziale creativo, associativo, culturale e imprenditoriale della nostra città.
Il lavoro è cominciato quest'autunno e ha raggiunto una svolta importante con il protocollo d’intesa che il Comune ha siglato a fine marzo con il Diap Politecnico e l’associazione Temporiuso.net, da anni impegnata in un'attività di ricerca e benchmarking delle migliori pratiche europee di riuso temporaneo, nonchè già in progetti operativi sul territorio italiano.
Ma di cosa si parla esattamente? Senza andare troppo lontano, un bell'esempio è costituito da Made in Ma.Ge, un progetto sperimentale di riuso temporaneo degli ex Magazzini Generali Falck di Sesto san Giovanni, rivolto a stilisti, artigiani, designer, associazioni e cooperative attivi nel mondo della moda e design sostenibile. Nel 2010, attraverso un bando, sono stati scelti 15 progetti creativi che ora possono godere di un contratto d’uso temporaneo gratuito della durata di 3 anni. Ai vincitori è stato chiesto un contributo per coprire le spese di mantenimento dello stabile proporzionale allo spazio atelier e laboratorio utilizzato, e per il supporto allo start-up d’impresa da parte di esperti e il coinvolgimento in attività seminariali, eventi e fiere.
La sfida, ora più che mai concreta e possibile, è far sì che anche Milano si rigeneri nei suoi spazi urbani, si riappropri dei luoghi che sembravano persi e si arricchisca dei suoi patrimoni dimenticati.
A che punto siamo, dunque? Con la firma del protocollo d'intesa è iniziato un percorso a cinque fasi.
La prima, in cui ci troviamo ora, è il rinnovo della mappatura dell'offerta di spazi. Entro l'inizio di giugno, insieme ai nove Consigli di Zona verranno organizzate nove biciclettate (la prima domenica 22 in zona 4!) in cui si potranno scoprire e conoscere spazi in abbandono e sottoutilizzati, ma anche associazioni culturali, atelier di designer e artigiani, gallerie d’arte, scuole e teatri già attivi nel promuovere servizi ed attività pubbliche e autorganizzate.
La seconda fase (metà giugno) sarà un workshop internazionale sul riuso temporaneo: una tre giorni con Assessori, Consiglieri, privati, associazioni culturali, cittadini ed esperti internazionali per identificare le vocazioni e le prospettive di riuso degli spazi mappati.
Nella terza fase partiranno i bandi, nella quarta i primi progetti pilota e nella quinta si metterà "a regime" la politica pubblica di riuso temporaneo con un database consultabile di spazi.
Nel frattempo, tutti gli interessati possono già partecipare alla "mappatura della domanda", compilando il form apposito sul sito di Temporiuso (ma solo dopo aver letto il Manifesto per il Riuso Temporaneo!)
Teniamoci aggiornati!!!
venerdì 13 aprile 2012
Io Scelgo. Per il registo dei testamenti biologici a Milano
IoScelgo è un diritto, è un atto di rispetto e di libertà.
IoScelgo è una proposta, IoScelgo è una preghiera.
IoScelgo è una campagna di sensibilizzazione e una proposta di delibera comunale di iniziativa popolare (leggi il testo qui) per sostenere l’apertura del registro delle direttive anticipate di trattamento sanitario (i testamenti biologici) presso il Comune di Milano.
Nel rispetto della libertà di ognuno e nel rispetto della Costituzione Italiana riteniamo che poter dare delle indicazioni rispetto ai trattamenti sanitari desiderati qualora diventassimo incapaci, sia un diritto individuale irrinunciabile. Nessuno, né lo Stato, né il medico, né i familiari ci possono imporre trattamenti per noi ritenuti eccessivi e il testamento biologico è uno strumento utile per indicare i trattamenti desiderati e le persone da noi designate a fare le nostre veci.
In questi giorni comincia la raccolta firme.
Ne servono 5.000, poi la proposta verrà discussa in Consiglio Comunale. Qui c'è l'elenco dei posti dove si può firmare, io sarò in Largo Marinai d'Italia domenica 15 dalle 11 alle 13. Se potete, fate un salto.
IoScelgo è una proposta, IoScelgo è una preghiera.
IoScelgo è una campagna di sensibilizzazione e una proposta di delibera comunale di iniziativa popolare (leggi il testo qui) per sostenere l’apertura del registro delle direttive anticipate di trattamento sanitario (i testamenti biologici) presso il Comune di Milano.
Nel rispetto della libertà di ognuno e nel rispetto della Costituzione Italiana riteniamo che poter dare delle indicazioni rispetto ai trattamenti sanitari desiderati qualora diventassimo incapaci, sia un diritto individuale irrinunciabile. Nessuno, né lo Stato, né il medico, né i familiari ci possono imporre trattamenti per noi ritenuti eccessivi e il testamento biologico è uno strumento utile per indicare i trattamenti desiderati e le persone da noi designate a fare le nostre veci.
In questi giorni comincia la raccolta firme.
Ne servono 5.000, poi la proposta verrà discussa in Consiglio Comunale. Qui c'è l'elenco dei posti dove si può firmare, io sarò in Largo Marinai d'Italia domenica 15 dalle 11 alle 13. Se potete, fate un salto.
lunedì 2 aprile 2012
Piazza Fabio Guido Chiesa, attore e animatore
Fabio Guido Chiesa avrà una piazza, la sua piazza, quella di fronte al teatro Ringhiera, quella tutta colorata dei fiori che ogni anno i bambini dipingono tra le crepe di un asfalto grigio, rendendolo un po' meno scuro, rendendolo un po' meno triste.
Piazza Fabio Guido Chiesa, attore e animatore. Sarà di fronte al Teatro Ringhiera, e lo sarà presto, dopo che oggi, in Consiglio abbiamo discusso e votato la mozione che qualche mese fa avevamo presentato a proposito.
Tra tante cose che non funzionano, questa è una piccola grande soddisfazione, per Fabio e per tanti, che oggi come ieri continuano a dare il cuore per il Teatro.
Piazza Fabio Guido Chiesa, attore e animatore. Sarà di fronte al Teatro Ringhiera, e lo sarà presto, dopo che oggi, in Consiglio abbiamo discusso e votato la mozione che qualche mese fa avevamo presentato a proposito.
Tra tante cose che non funzionano, questa è una piccola grande soddisfazione, per Fabio e per tanti, che oggi come ieri continuano a dare il cuore per il Teatro.
giovedì 22 marzo 2012
22 Marzo, Giornata Mondiale dell'Acqua
Oggi è 22 marzo, secondo giorno di primavera.
Ogni anno dal 1992, quando alle Nazioni Unite così si decise, 22 marzo è anche Giornata Mondiale dell'Acqua, un'occasione per porre l'acqua al centro del dibattito pubblico e per riflettere sulla sostenibilità della gestione delle risorse idriche a livello globale e locale.
Oggi, 22 marzo, ho presentato in Consiglio un ordine del giorno che racconta alcune cose (qui il pdf).
Racconta innanzitutto che proprio ieri, proprio a Palazzo
Marino, è stata presentata una ricerca Ispo che rivela che i cittadini milanesi
si dicono mediamente soddisfatti della qualità dell’acqua del Comune e hanno
sviluppato, negli anni, una crescente sensibilità per i temi ambientali, anche
in relazione al valore delle risorse idriche.
Ma. C’è sempre un ma.
Nonostante questi importanti
passi in avanti, prima di tutto la maggioranza dei milanesi (54%) fa ancora uso
di acqua in bottiglia, che, come noto, ha impatti ambientali devastanti, legati
sia al consumo delle falde acquifere dove avviene il pompaggio, sia all’enorme
consumo di energia e di acqua per produrre (e smaltire/riciclare) le bottiglie
di plastica; in secondo luogo, sembra esserci una sensibilità molto minore per
quanto riguarda il consumo di acqua nella produzione di cibo, che oggi pare
lontano dall’essere un fattore considerato nelle scelte individuali di consumo
di alimenti.
Già, la filiera alimentare. Quanti litri di acqua per produrre una patata? E quanti per produrre una bistecca dimanzo? Il tema di Expo 2015 – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” – non
può non essere, già da oggi, un’occasione per innescare un ampio dibattito
sulla relazione tra acqua e sicurezza alimentare, e in particolare sulla
sostenibilità delle filiere alimentari in relazione all’uso più o meno
intensivo della risorsa idrica.
Cosa chiediamo al nostro Sindaco
e ai nostri Assessori?
Di moltiplicare gli sforzi affinché
il tema del diritto all’acqua e della gestione efficiente e sostenibile delle
risorse idriche siano posti al centro di un rinnovato dibattito pubblico.
Di sostenere e promuovere in
tutte le sedi – istituzionali, pubbliche e private – l’uso dell’acqua fornita
dall’acquedotto pubblico.
Di promuovere il diritto di
accesso all’acqua.
Di favorire e promuovere comportamenti
consapevoli e virtuosi nei consumi alimentari, nella misura in cui questi
impattano sul consumo di acqua, anche in relazione al tema e alle finalità di
Expo 2015.
Di adottare una Carta dell’Acqua
che sancisca l’impegno dell’Amministrazione nella difesa dell’acqua bene comune.
E infine, mettiamoci in gioco
noi. Valutiamo misure per stimolare il consumo di acqua del rubinetto negli
uffici comunali; valutiamo, alternativamente o complementariamente, la
possibilità di sostituire in tutto o in parte le forniture di bottigliette
d’acqua da mezzo litro con boccioni da 5 litri da sistemare su ogni piano; valutiamo,
quando proprio non si può fare a meno, di utilizzare bottiglie di vetro e non
di plastica.
sabato 4 febbraio 2012
Il calore di una città
In
questi giorni di freddo intenso il Comune sta
cercando di aumentare al massimo gli sforzi per raggiungere il maggior
numero possibile di persone che vivono per strada.
E' stato aperto il mezzanino della fermata della MM3 Centrale, che ospita ormai 120 persone ogni sera, e l'Assessore Majorino sta cercando di individuare ulteriori luoghi di accoglienza.
Ci stiamo mobilitando tutti affinchè chiunque incontri un senza tetto che vive per strada lo segnali allo 02.8846.5000 (5001, 5002) o scriva a salaoperativapc@comune.milano.it.
E' stato aperto il mezzanino della fermata della MM3 Centrale, che ospita ormai 120 persone ogni sera, e l'Assessore Majorino sta cercando di individuare ulteriori luoghi di accoglienza.
Ci stiamo mobilitando tutti affinchè chiunque incontri un senza tetto che vive per strada lo segnali allo 02.8846.5000 (5001, 5002) o scriva a salaoperativapc@comune.milano.it.
C'è però tanto bisogno di volontari che diano
una mano almeno in tre direzioni:
1. Accompagnamento dei senza dimora dal mezzanino della stazione centrale ai centri di accoglienza. Per questo ci sarebbe bisogno di disponibilità, oltre che di persone, anche di alcuni mezzi di trasporto privato.
2. Attualmente sono al lavoro 7 unità di strada che dalle 20 alle 24 circa girano per la città per portare sacchi a pelo, generi alimentari ai senza dimora. Svolgono anche la funzione di individuazione sul territorio di persone che vivono per strada cercando di convincerle ad andare a dormire nei nostro centri di accoglienza. Fanno un giro predefinito, ma vengono anche inviate dalla centrale della Protezione Civile nei luoghi segnalati da cittadini. Ci sarebbe bisogno di alcune persone che possano, affiancate da chi lo fa già da tempo, aumentare il numero delle unità di strada.
3. Ci sarebbe bisogno di persone che vogliano dare un pò di assistenza "relazionale" a chi sta nei centri di accoglienza.
Questo piano straordinario sarà coordinato dalla Protezione Civile, e l'impegno richiesto è per una decina di giorni la sera dalle 21 alle 24.
1. Accompagnamento dei senza dimora dal mezzanino della stazione centrale ai centri di accoglienza. Per questo ci sarebbe bisogno di disponibilità, oltre che di persone, anche di alcuni mezzi di trasporto privato.
2. Attualmente sono al lavoro 7 unità di strada che dalle 20 alle 24 circa girano per la città per portare sacchi a pelo, generi alimentari ai senza dimora. Svolgono anche la funzione di individuazione sul territorio di persone che vivono per strada cercando di convincerle ad andare a dormire nei nostro centri di accoglienza. Fanno un giro predefinito, ma vengono anche inviate dalla centrale della Protezione Civile nei luoghi segnalati da cittadini. Ci sarebbe bisogno di alcune persone che possano, affiancate da chi lo fa già da tempo, aumentare il numero delle unità di strada.
3. Ci sarebbe bisogno di persone che vogliano dare un pò di assistenza "relazionale" a chi sta nei centri di accoglienza.
Questo piano straordinario sarà coordinato dalla Protezione Civile, e l'impegno richiesto è per una decina di giorni la sera dalle 21 alle 24.
Sarebbe bellissimo se fossimo in tanti.
Per chi può, scrivete a me (emanuele.lazzarini@comune.milano.it) o a Cosimo Palazzo (cosimo.palazzo@comune.milano.it).
Grazie!
sabato 21 gennaio 2012
Area C. Genesi e futuro
I numeri mi piacciono.
Sarà Cartesio, sarà la Bocconi, sarà che l’approccio scientifico ai problemi è l’unico che ci permette di evitare che si riduca tutto ad una disputa un po’ demagogica e strumentale, fondata sull’appartenenza politica all’uno o all’altro schieramento, sulla difesa aprioristica di questo o di quell’altro piccolo interesse di bottega.
E allora, se avete voglia di leggere un racconto “scientifico” di Area C, cliccate qui. È il dossier preparato da Amat (la nostra agenzia per la mobilità, l’ambiente e il territorio) che valuta i nuovi scenari di regolamentazione degli accessi alla cerchia dei bastioni. Interessantissimo.
Dossier che, a sua volta, si basa sulla sintesi conclusiva dei risultati di Ecopass, scritta dai saggi di nomina morattiana nel marzo 2011 (clicca qui!). Curioso leggere che, proprio da quel documento, arrivava chiara l'indicazione di proseguire sulla strada presa:
"Sulla base delle valutazioni sugli effetti dell’Ecopass e sulle possibili politiche alternative, la Commissione è pervenuta alla conclusione che occorra rendere stabilii risultati raggiunti sul calo delle concentrazioni inquinanti e incidere ancora di piùsui livelli di concentrazione delle polveri sottili PM10 e PM2,5".Come?
"Intensificare la lotta all’inquinamento e agire sui livelli di traffico comporta un passo in avanti che agisca con maggiore e permanente efficacia con un provvedimento congiunto di Pollution e Congestion Charge. Gli aspetti di carattere ambientale (Pollution Charge) sono insiti nell’individuazione dei mezzi per i quali è consentito o vietato l’ingresso all’interno in area Ecopass e nella differenziazione del ticketing tra mezzi leggeri e mezzi pesanti, alla luce dell’incidenza del particolato non-esausto e degli effetti sulla sua risospensione. Gli aspetti legati alla riduzione del traffico (Congestion Charge) sono dati dal ticketing applicato a tutte le restanti classi veicolari".Ecopass, infatti, (che ho sempre ritenuto un provvedimento che andava nella direzione giusta), ha avuto risultati importanti, tra cui:
- -16% riduzione traffico nei bastioni
- -21% incidenti
- +12% velocità commerciale
- -30% PM10 allo scarico
Ma soprattutto (e questo è il dato più importante), due terzi del PM10 nella ZTL non era (non è!) prodotto dal gas di scarico, bensì da fenomeni di attrito come freni, frizioni, rotolamento degli pneumatici.
E' da qui che nasce la decisione di modificare il provvedimento trasformandolo in una tariffa per la congestione, più che per l'inquinamento.
Gli obiettivi? Ridurre il traffico nella ZTL tra il 20 e il 30%, ridurre le emissioni del 20%, e sopratttto porre le condizioni (anche economiche) per sviluppare quella rete di mobilità dolce che con 600 auto ogni 1000 abitanti facciamo un’immensa fatica a costituire.
Ci siamo riuscendo?
I risultati dei primi giorni (con riduzioni del traffico vicine anche al 40%) sono senz'altro un segnale incoraggiante, a cui si somma un +10% nell'uso del bike sharing e un +16% sui mezzi pubblici, senza che questo abbia comportato il tilt del sistema.
Ma bisogna andare cauti. Sappiamo che gli inquinanti non diminuiranno in fretta e non diminuiranno facilmente, senza una serie di provvedimenti su tanti altri fronti.
E poi teniamo sempre ben in mente se vogliamo essere gli attori di una nuova stagione politica non dobbiamo governare con l’orgoglio: dobbiamo metterci nell’ottica che ogni provvedimento, in quanto umano, è perfettibile, e che se ci si accorge di aver fatto qualche piccolo errore lo si dice e si lavora insieme per correggerlo, senza che questo sia considerato una "goffa retromarcia di dilettanti allo sbaraglio".
Per tutto il resto... vi lascio al mio intervento in aula.
domenica 15 gennaio 2012
Area C secondo Michele Serra
Al di là di tutti i punti critici e dei margini di miglioramento del provvedimento Area C (che come ogni azione umana è perfettibile), credo che il nodo cruciale di tutta la questione sia proprio questo: l'incredibile difficoltà di rompere i recinti dei piccoli interessi dell'io e aprirli all'immenso bene del noi.
Come ha dichiarato Tabacci qualche tempo fa, "la sfida di Monti è quella di chiedere al cittadino portatore di interessi legittimi di rinunciare a qualcosa in virtù del fatto che come cittadino consumatore acquisirà una serie di vantaggi. Lo stesso succede con Area C. Bisogna superare i piccoli egoismi, gli interessi particolari per guadagnare una città dove tutti possano vivere meglio".
Michele Serra, nella sua "Amaca" del 12 gennaio, lo racconta così:
Abito nella famosa "area C" di Milano e l' idea di pagare un ticket per entrare e uscire in macchina da casa mia (oltre le quaranta volte all' anno, che sono gratuite) mi irrita profondamente. Proprio per questo sono favorevole al provvedimento della giunta Pisapia. Perché, come tutti i provvedimenti dissuasivi, presenta un costo e pone un ostacolo. Tutti i referendum anti-traffico (compreso quello da poco votatoa Milano) ottengono un consenso travolgente. La gente è entusiasta e deve fare solo la piccola fatica di andare a votare "sì". Quando poi si tratta di mettere in pratica il proposito largamente condiviso, ognuno si sente urtato, offeso, illegittimamente chiamato in causa: i costi, le scomodità, le fatiche devono sempre essere a carico degli altri. Not in my backyard, not in my box: non nel mio cortile, non nel mio garage... Le discariche fatele altrove, le autostrade che imbocco comodamente costruitele a ridosso delle case altrui, se dovete bucare le montagne andate una vallata più in là, i controlli fiscali sono un' ottima cosa ma se li fanno a me diventano un sopruso, se dovete limitare il traffico privato in città non venite a rompere le scatole proprio a me. Invece le rompono proprioa me,e devo farmene una ragione. La mia macchina ingombra e inquina tanto quanto quelle che maledico quando passo a piedi in una strada ingorgata.
mercoledì 11 gennaio 2012
Area C. Milano cambia davvero
Restano invariati i giorni, gli orari e i varchi: Dal lunedì al venerdì (feriali), dalle 7.30 alle 19.30, nei 43 varchi della Ztl Cerchia dei Bastioni (36 per le auto private e 7 a uso esclusivo dei mezzi pubblici).
Titoli d’ingresso giornalieri
Ecopass: Giornaliero 2 euro, Giornaliero 5 euro, Giornaliero 10 euro (in base a classe di inquinamento)
Area C: Giornaliero 5 euro, Giornaliero “veicolo residente” 2 euro (previa registrazione), Giornaliero “veicolo di servizio” 3 euro (previa registrazione), Giornaliero “veicolo di servizio” 5 euro (solo presso i parcometri e previa registrazione)
Titoli di ingresso multipli
Ecopass: Ingresso multiplo 20 euro, Ingresso multiplo 50 euro, Ingresso multiplo 100 euro
Area C: Multiplo giornaliero 30 euro, Multiplo giornaliero 60 euro
Abbonamenti residenti
Ecopass: Annuale 50 euro, Annuale 125 euro, Annuale 250 euro (in base a classe di inquinamento)
Area C: Non sono previsti abbonamenti ma un pacchetto di 40 ingressi giornalieri gratuiti
Accesso senza titolo d’ingresso
Ecopass: Classe I (veicoli Gpl, metano, ibridi ed elettrici), Classe II (auto, merci e autobus benzina Euro 3, 4 e successivi, auto merci e autobus diesel Euro 4 con fap (se installato successivamente, Euro 5) e successivi. Moto e motorini)
Area C: Auto elettriche. Moto e motorini. Fino al 31/12/2012 auto ibride, bifuel, alimentate a metano e Gpl
Accesso con titolo d’ingresso
Ecopass: Classe III (auto, merci e autobus benzina Euro 1 e 2), Classe IV (auto e merci benzina Euro 0, auto diesel Euro 1, 2 e 3, merci diesel Euro 3, autobus benzina Euro 0 e diesel Euro 4, auto e merci diesel Euro 4 senza fap), Classe V (auto diesel Euro 0, merci diesel Euro 0, 1 e 2, autobus diesel Euro 0, 1, 2 e 3)
Area C: Auto benzina Euro 1, 2, 3, 4 e 5, Auto diesel Euro 4 e 5, Fino al 31 dicembre 2012: diesel Euro 3 di residenti e assimilati. Fino al 31 dicembre 2012: diesel Euro 3 veicoli “di servizio”
Divieto d’accesso
Ecopass: Nessuna categoria di veicoli
Area C: Auto diesel Euro 0, 1, 2, 3 (eccetto autorizzati). Auto benzina Euro 0, veicoli di lunghezza superiore a 7 metri
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