venerdì 29 luglio 2011

C'è qualcosa che non va

E' il venti di giugno quando entro per la prima volta nell'aula di Palazzo Marino. Più di un mese fa.
Da quel giorno ad oggi succedono tante cose. Mai, però, avverto il desiderio di condividere, raccontare, riempire di inchiostro digitale le pagine a pixel di questo blog. Non per presunzione, non per disinteresse, non per pigrizia. Un po' sicuramente perchè manca il tempo per farlo. Ma ancor di più perchè è un inizio con poca emozione, tanta burocrazia, tanta lentezza procedurale, e con una grandissima e sempre crescente voglia di iniziare a lavorare davvero, a fare sul serio, a sentirsi ingranaggio di un motore acceso e ben funzionante.

Poi finalmente partono le commissioni consiliari, discutiamo e approviamo il tanto discusso accordo di programma per Expo 2015, e poi arriva in aula la variazione al bilancio previsionale e l'inserimento dell'addizionale irpef. Mercoledì 27 giugno 2011.
Le casse del Comune piangono lacrime amarissime (i milioni che mancano sono centottantasei).
La giunta presenta una proposta di delibera per chiedere l'inserimento dell'addizionale irpef dello 0,2% con esenzione sotto i 26.000 euro di reddito.
L'opposizione, come da definizione, si oppone.
Ma la discussione è tutt'altro che una fase dialettica proficua. E' una battaglia superficiale e strumentale, condotta al suono di 650 emendamenti che ci costringono a quindici ore di aula, con l'unico obiettivo, per l'opposizione, che tirandola in lungo si arrivi si primi giorni di settimana prossima con l'organico dimezzato dalle vacanze imminenti, e quindi con l'impossibilità di garantire il numero legale e lo svolgimento dei lavori. Insomma, un modo facile per far saltare tutto.
Alla faccia della responsabilità.
E questo gioco, ai miei occhi, e a quelli di molti dei nuovi arrivati, è pregno di una perversione e di un'indecenza che mi indignano a tal punto che non riesco a trovare il vocabolario giusto per descriverlo.

Ma come funziona, esattamente?
Gli emendamenti si discutono a gruppi tematici. Prima tutti quelli che riguardano la soglia di esenzione, poi quelli che riguardano l'aliquota, e così via. Naturalmente non di discutono tutti gli emendamenti: per la maggior parte dei blocchi si parte a discutere l'emendamento che fissa una modifica minima, poi quello che fissa una modifica massima, e poi quello che ne fissa una media. Colui che propone l'emendamento ha cinque minuti di tempo illustrarlo, a cui segnono gli interventi dei capigruppo di tutti gli altri gruppi e partiti (ognuno con cinque minuti massimo). Infine, se un consigliere dissente dall'intervento del suo capogruppo, ha diritto ad un ulteriore minuto per intervenire.
Un processo lungo, insomma, ma che se garantisse una dialettica seria e nel merito delle scelte, non sarebbe affatto tempo perso.
Ma, ahinoi, nemmeno uno degli emendamenti prevede un modo alternativo per reperire le risorse mancanti, nè tantomeno, nei discorsi sempre uguali dei proponenti, queste risorse vengono identificate. Solo generici slogan per la stampa.

E così passano un pomeriggio, una serata e una notte intera. A prendere in giro un'aula. A prendere in giro una città. A calpestare la propria dignità inventandosi argomentazioni clamorosamente faziose al solo fine di far passare minuti. A seppellire sotto metri di sterile retorica il rispetto per il tempo, le forze e la salute delle persone che sono costrette in quell'aula. Consiglieri e funzionari.
Dignità.
Dignità.
Persa, quando i consiglieri di Pdl e Lega scatenano una bagarre ad ogni decisione del presidente del consiglio.
Persa, quando alle quattro di notte il consigliere Morelli non riesce a trattenere le risate nel tentare di argomentare un intervento delirante.
Persa, quando alle sette del mattino, dopo una notte in bianco, il consigliere Tatarella si permette di blaterare su Vespasiano e altre idiozie cercando di far perdere gli ultimi preziosi minuti.
Quando dico che fa schifo tutti ti rispondono che è così, che è parte del gioco, che fino all'anno scorso era lo stesso a parti invertite. Meno male che non sono all'opposizione, mi vien da dire. Mi troverei ad essere mio malgrado complice di un comportamento che disprezzo profondamente, e che ho intenzione di denunciare e di contrastare con tutti i mezzi che avrò a disposizione. Non mi interessa niente di quello che è stato finora, non mi interessa niente se i miei colleghi dell'ex opposizione facevano esattamente lo stesso. Io - noi - arriviamo oggi. E oggi abbiamo il diritto di denunciare questo morbo che inquina la nostra politica e rende improduttivi e non più credibili i nostri sistemi politici.