E dunque si è arrivati alla conclusione. Venerdì, quattro febbraio duemilaundici passerà alla storia come il giorno che ha segnato il cammino di Milano verso il suo futuro, con l'approvazione in Consiglio Comunale del primo Piano di Governo del Territorio.
Peccato che il documento più importante di cinque anni di mandato sia venuto alla luce con un iter che ha del tragicomico e dell'incredibile. E che il documento che decide le sorti della nostra Milano per i prossimi vent'anni paia quanto di più lontano si possa immaginare da una visione di città moderna e sostenibile.
E allora i casi sono due: o il sindaco Moratti, durante le sue numerose trasferte, finge di non vedere quali sono le pratiche virtuose verso cui si stanno allineando tutte le città europee (ridefinendo spazi a misura d'uomo, con la priorità al non incremento della densità di popolazione, al verde pubblico -soprattutto quello di quartiere-, alla riconversione delle aree dismesse -che non significa ricementificazione-, alla sostituzione progressiva della mobilità privata con quella pubblica in un'ottica di rete di trasporti integrata tra centro e periferia), oppure il sindaco vede eccome, apprende, magari invidia, comunica ai suoi assessori, ma poi dal caldo del suo ufficio di Palazzo Marino, non ha la forza, la volontà, nè tantomeno la convenienza di opporsi alle pressioni di chi, di una nuova idea di città, non ne vuole sentire parlare. In modo tutt'altro che disinteressato.
E allora ecco fatto. Così prende forma lo sciagurato PGT.
Ventiquattro milioni di metri cubi di volume edificabile, nuove case per cinquecentomila persone, aumento di densità stimata da sette a dodicimila persone per chilometro quadrato.
Che poi uno potrebbe obiettare: "Beh, ma questo è un piano lungimirante! Dovremo pur dare una casa a tutti i nuovi milanesi nei prossimi anni, per non parlare gli immigrati che arriveranno..."
E invece no. Perchè a Milano, il problema della casa (ma anche degli spazi commerciali), non si pone certo in termini di volumi. Non solo le case sfitte sono all'incirca ottantamila (più novecentomila metri quadrati di uffici sfitti e qualche decina di migliaia di negozi vuoti), ma soprattutto l'incremento della popolazione per i prossimi vent'anni, stimato ottimisticamente a più centomila da varie fonti, non è affatto tale da giustificare tutto quel cemento.
Perdipiù se si considera che le case, soprattutto quelle nei nuovi quartieri, si vendono solo se ci sono trasporti, scuole e servizi (ne sanno qualcosa al quartiere Adriano, in zona 2). Ma qui si apre un altro capitolo, con quel "buco nero da nove miliardi" che il Comune stesso ammette di dover ancora trovare per realizzare proprio quei trasporti, quelle scuole, quei servizi.
Insomma, un chiaro segnale che c'è qualcosa che puzza di bruciato.
Come scrive il Fatto Quotidiano, è proprio quello che non è dato vedere che poi, alla resa dei conti, fa pesare la bilancia dalla parte degli interessi di pochi, soliti noti: banche e grandi costruttori, che è sempre meglio avere dalla propia parte, considerando anche l'influsso che hanno sui principali quotidiani della città...
E tutto questo solo per parlare dei contenuti...
Perchè poi, per dirla tutta, si dovrebbe aprire un capitolo intero sul modo barbaro con cui è stato condotto in porto il sì definitivo al Piano: approvato in extrems con un colpo di mano sensazionale (ora quasi non fanno più notizia) con cui le quattromilasettecento proposte della società civile milanese (e i duemila emendamenti dell'opposizione) sono state sbrigativamente liquidate con votazioni sommarie.
Proposte che erano il segno di quanto la città avesse cercato di dire la propria sul disegno del proprio futuro, peraltro proprio in linea con una delle migliori novità introdotte con l'istituzione dei PGT: stimolare la partecipazione dei cittadini sin dalle prime fasi del processo.
Ironia della sorte, il tentativo di partecipazione si è scontrato contro un muro.
Non sarà facile, ma non c'è modo migliore di ripartire se non rimboccandosi le maniche, continuando a pensare e a proporre idee innovative per una città che ci rappresenti un po' di più. Da dove cominciamo?
www.votalazza.it
www.emanuelelazzarini.it
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